Quando una malattia autoimmune ed un modello di perfezione creano un pericoloso disturbo alimentare.
Il termine “Diabulimia” non è molto conosciuto.
Non è ufficialmente riconosciuto come un disturbo alimentare, almeno secondo parte della comunità scientifica, tanto da non essere comparso in nessuna versione del Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali (DSM).
Eppure ci troviamo di fronte ad un disturbo alimentare fra i più distruttivi e pericolosi, in grado di condurre chi ne è affetto ad una terribile serie di complicazioni mediche, che, se non trattate, portano inevitabilmente alla morte.
Che cos’è allora, la Diabulimia?
Il termine deriva dalla crasi dei termini “Diabete” e “Bulimia” e si tratta di un disturbo alimentare di cui può soffrire solo chi affetto da Diabete Mellito di tipo 1.
È stato identificato intorno al 2010 da un’équipe di medici inglesi, rilevando un certo numero di pazienti diabetici insulino-dipendenti che volontariamente non gestivano la propria terapia per paura di ingrassare.
Il Diabete Mellito di tipo 1 è una malattia autoimmune che condivide solo l’origine del nome con il più conosciuto Diabete di tipo 2.
Il termine “Diabete”, letteralmente “passare attraverso”, allude all’emissione sovrabbondante di urina, dal sapore dolce come il miele (“Mellito”).
Le caratteristiche delle due malattie sono però molto diverse: il più conosciuto Diabete Mellito di tipo 2 è generalmente causato da predisposizione genetica e dal sovrappeso, che portano il soggetto a sviluppare un’insulino-resistenza più o meno grave.
Per comprendere a pieno le caratteristiche della Diabulimia, è necessario approfondire che cosa realmente significhi convivere con il meno conosciuto Diabete di tipo 1.
Il Diabete Mellito di tipo 1 è il risultato di un attacco autoimmune che ha bersagliato le cellule pancreatiche destinate alla produzione di insulina.
Come risultato, chi ne è affetto, è costretto ad iniettarsi la giusta quantità di insulina prima di ogni pasto, per permettere l’assorbimento degli zuccheri contenuti nel cibo.
Cosa significa tuttavia convivere nel quotidiano con questa insidiosa malattia cronica?
I diabetici di tipo 1, per rimanere in salute ed evitare l’insorgenza di complicanze, devono tenere costantemente sotto controllo la glicemia.
Ci sono molti modi per controllarla, il più comune è l’utilizzo di un glucometro in cui, tramite una striscia reattiva ed un pungidito, si può inserire una goccia di sangue ed avere il responso dopo pochi secondi.
Nel corso degli anni si sono sviluppate nuove tecnologie per i diabetici, come ad esempio sensori applicabili sulla pelle che registrano in tempo reale la glicemia senza bisogno di pungersi ogni volta il polpastrello: fra i cosiddetti “sistemi di monitoraggio Flash” il FreeStyle Libre offre la possibilità di sapere in tempo reale il livello di glicemia semplicemente avvicinando il cellulare o il ricevitore al sensore; in alternativa i “sistemi di monitoraggio continuo”, come il Dexcom G6, trasmettono costantemente i valori glicemici sul cellulare o sull’apposito ricevitore.
I rischi correlati alla scorretta gestione del Diabete Mellito di tipo 1 sono principalmente due: gravi ipoglicemie (livelli bassi di glucosio nel sangue), che può portare alla morte nel giro di pochi minuti, e costanti livelli di iperglicemia (livelli alti di glucosio nel sangue) che portano a gravi complicazioni mediche.
Le complicazioni dovute ad iperglicemie possono essere acute, come chetoacidosi diabetica e coma, oppure croniche, come neuropatie, disfunzioni renali, malattie vascolari del macro e del microcircolo, maggiore sensibilità alle infezioni, cataratta.
Come può un soggetto diabetico influenzare la propria glicemia? La risposta, sulla carta, è piuttosto semplice: le iniezioni di insulina abbassano la glicemia e l’assunzione di zuccheri alza la glicemia.
Applicare queste semplici nozioni alla vita quotidiana è però insidioso, perché chi affetto da Diabete di tipo 1 prima di assumere un pasto deve calcolare l’esatto contenuto di carboidrati semplici o complessi e dosare l’assunzione di insulina in base ai propri valori di riferimento, diversi per ogni persona (ad esempio, per qualcuno un’unità di insulina permetterebbe l’assimilazione di 10gr di carboidrati; per qualcun altro solo 2gr).
In più ci sono molti altri fattori che influenzano la curva glicemica durante i pasti come :
- L’umore
- Lo stress
- Il ciclo sonno-veglia
- L’esercizio fisico
I calcoli che qualsiasi diabetico deve fare prima di mangiare, in conclusione, sono numerosi e complicati e quando sbagliati portano ad una variazione glicemica potenzialmente letale.
Il lettore si chiederà dunque perché esista un disturbo alimentare di cui può soffrire solo chi già affetto da Diabete di tipo 1. La risposta è piuttosto controversa.
Se un diabetico non assume insulina prima di un pasto, la glicemia schizza alle stelle e l’organismo non riesce ad assimilare gli zuccheri ingeriti.
In linea generale si può quindi dire che, senza assumere insulina, il pasto consumato porta al dimagrimento.
Non potendo attingere alle risorse di glucosio, l’organismo deve infatti, ricorrere direttamente alle riserve di lipidi e proteine, per ottenere energia.
Il risultato sulla bilancia è un peso corporeo diminuito, dovuto alla riduzione di grasso, liquidi e muscoli, ma all’altissimo prezzo di gravi iperglicemie.
Lo zucchero non assunto viene infine eliminato attraverso le urine.
La Diabulimia è un disturbo alimentare che nasce dalla difficoltà di convivere con il Diabete Mellito di tipo 1, in genere diagnosticato prima dei 18 anni.
La Diabulimia spesso esordisce durante l’adolescenza, come risultato della difficile gestione di questa malattia correlata alle controversie tipiche dell’età.
L’adolescenza non è naturalmente l’unico fattore di rischio per lo sviluppo della Diabulimia: tratti di personalità di tipo perfezionistico o negazione della malattia cronica sono altre cause molto comuni.
I sintomi tipici di chi affetto da questa malattia, oltre a quelli comuni agli altri disturbi alimentari (ossessione e preoccupazione eccessiva per il proprio peso, bassa autostima, influenza dei pari e della cultura) sono i sintomi della condizione di chetoacidosi conseguente ad una prolungata iperglicemia:
- Sonnolenza
- Rapida perdita di peso
- Odore chetonico del respiro (simile ad alcool dolce, come frutta “andata a male”)
- Zuccheri nelle urine
- Minzione frequente
- Sete eccessiva.
Uno dei fattori maggiormente implicati nel disturbo è proprio il costante controllo dell’alimentazione, dovuto al Diabete di tipo 1: è risaputo che chi soggetto a restrizioni alimentari come diete oppure esclusione di alimenti per motivi di salute sia maggiormente a rischio a sviluppare disturbi del comportamento alimentare.
La gestione del Diabete di tipo 1 presenta quindi un implicito fattore di rischio, legato alla costante attenzione all’assunzione di cibo e ad eventuali limitazioni alimentari.
Nonostante lo sviluppo di tecnologie sempre più adatte ed innovative per una corretta gestione della malattia, il conteggio dei carboidrati e l’attenzione costante ai propri valori glicemici rappresentano una realtà molto faticosa.
Oltre allo sviluppo di disturbi alimentari, sembra quasi naturale il desiderio di avere qualche giorno di “pausa”: pause dalle iniezioni di insulina e dal controllo della glicemia, magari dimagrendo qualche chilo.
Pause che se un soggetto diabetico decidesse di concedersi porterebbero a pericolosissime conseguenze.